Sono andato a vedere Il migliore, il nuovo documentario su Marco Pantani. In genere non vado a vedere questi film, ma stavolta me l’ha consigliato Gino e quindi c’era da fidarsi. Davvero.
Al centro del film, a dire il vero, c’è il vuoto. Il migliore è un film sul vuoto. Sono vuote le spiagge e le strade di Cesenatico, le cucine dei ristoranti e delle piadinerie, i boschi delle colline romagnole spazzati dal vento.
È vuota la casa di Marco e sono vuote anche le stanze degli amici a cui questo film affida completamente la parola. Un vuoto che in quelle stanze è riempito da foto di Pantani, prime pagine, cartoline, maglie firmate, articoli di giornale. Ma resta ingombrante, lo si percepisce dai primissimi piani delle persone che con Pantani sono cresciute, che l’hanno amato e perso.
Tanto che il vuoto più forte arriva nel finale, affidato a brandelli di una delle ultime interviste di Pantani, in cui Marco rimane zitto, senza parole, come se avvertisse e cercasse di comunicare anche lui quel vuoto che già c’era, e che infine ha lasciato.