e così i’ Brocci è andato a parlare con Lappartient

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e così i’ Brocci è andato a parlare con Lappartient. faccio fatica a pensare a due figure così diverse, antitetiche quasi, nel ciclismo di oggi come Brocci e Lappartient. Eppure Brocci ha da sempre questa visione secondo cui le (buone) idee si fanno circolare, e quindi si va a parlare con tutti, pure con Lappartient. Evidentemente anche Lappa, per quanto non sembri, condivide questa visione. Che due come Lappartient e Brocci si parlino è una buona notizia per tutte e tutti.

e così i’ Brocci è andato a parlare con Lappartient e gli ha fatto delle proposte, o quantomeno ha condiviso con lui delle idee. Queste:

Corse su strade sconosciute, non più le solite salite classiche che conoscono tutti. Del resto anche le grandi classiche stanno cercando nuovi percorsi. Poi distanze più lunghe, oltre i 300 km, con partenze magari in notturna e bici senza rapporti da rampichino, così da mostrare chi davvero chi fa la differenza in salita. Banditi computer e radioline, rifornimenti solo a terra e divieto per i corridori di scendere sotto il 6% di grasso corporeo: che la smettano di avere quell’aspetto malsano, fanno quasi paura.

Certo, gli ha proposto un circuito alternativo al World Tour, perché le idee hanno bisogno di farsi spazio, non irrompono come un’esplosione. I circuiti alternativi nel ciclismo non funzionano, in questo ciclismo almeno non funzionano. In alcuni casi è anche un bene che non funzionino. In altri no: il ciclismo avrebbe bisogno di un circuito alternativo, ma l’alternativa dovrebbe essere alla stessa UCI. è qualcosa che tanti già praticano, altri pensano, anche i soggetti più ingombranti. è qualcosa che avverrà, inevitabilmente. Perché il ciclismo ha bisogno di rinnovarsi, l’alternativa è svanire lentamente.

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Paleontologia e modernità (o della Federciclismo che verrà… forse)

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Il prossimo 14 gennanio, nell’ingiustificato scenario del Mart – Museo d’arte moderna e contemporanea di Rovereto, la Federazione Ciclistica Italiana voterà il suo nuovo governo, e il presidente che la guiderà nei prossimi 4 anni. Al di là dell’indigestione di maiuscole (non lo faccio più, promesso), il passaggio è quantomai significativo per un ciclismo italiano in crisi drammatica di fondi, prospettive, risultati e idee. Come io la pensi sulla lunga epoca di dittatur governo  di Renato di Rocco è cosa nota, e non posso che auspicarmi (senza grandi speranze, invero) che Rovereto rappresenti il definitivo tramonto di questa fase. Ad ogni modo, non avendo diritto di voto ne’ io ne’ i pochissimi che leggeranno quanto segue, mi astengo dai proclami e mi limito a riportare lo scenario imminente. Pur avendo parecchie cose migliori da fare (e grazie ar cazzo, ci vuole poco) e soprattutto da scrivere, ho dedicato le serate di queste vacanze a leggermi per intero le 42 pagine dei vari programmi elettorali. Quella che segue è una sintesi, molto poco oggettiva, a beneficio di curiosi, impiccioni e sognatori. sarà lunga, e nemmeno troppo coinvolgente.

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Buona fortuna, disse la nave dorata all’iceberg

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olimpiadi di rio de janeiro. Viviani ha vinto (finalmente), l’oro nell’omnium. evviva. sono felice come uno scemo pure ora, a giorni di distanza. felice per elia, per marco villa, per davide cassani, per i pochi che hanno raggiunto questo risultato. nella foto qui sopra stanno nella parte di destra, e per uno strano gioco dell’obiettivo -e dell’attualità stessa- è come se fossero in secondo piano.

questo articolo stava incastrato tra le sinapsi da qualche tempo, pronto ad essere lavato via e dimenticato dall’effetto erosivo della birra, se non che ieri mi sono imbattuto nell’ennesima autocelebrazione federale, e tutti si è sbloccato.

la riflessione che segue dovrebbe nascere da questa stessa foto qui sopra, o appunto quest’ultimo bollettino del komintern in cui si parla del 10° anno di impegno di FCI per la pista, ma non è vero. nasce da questo tweet di british cycling. Continua a leggere

Ho intervistato Danilo di Luca


il libro di Di Luca è una bomba, una delle cose più lucide uscite sul ciclismo negli ultimi anni, e un caso davvero unico in italia. a tutto ciò, va aggiunto che è pure scritto bene, benissimo, merito del lavoro appassionato svolto dalla giornalista Alessandra Carati.

il risultato è un libro che punta il dito in maniera abbastanza chiara contro un “sistema” che vede i corridori ridotti a un corpo frammentato, ricattato e ridotto scientemente all’impotenza.

grazie a Radio Popolare sono riuscito a fare una lunga chiacchierata con Danilo, si può ascoltarla qui dove si legge pure la mia presentazione del libro. e seppur con alcuni limiti evidenti, vale la pena ascoltare cosa ha da dire questa ex-bestia.
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Dividi et impera. Di neve, merda e Tirreno

Copenhagen2013_70831xa Courtesy of Gehl Architects Aps, Copenhagen, Denmark

i fatti attuali alla Tirreno-Adriatico parlano di una tappa (la foligno – monte san vicino) annullata già dal pomeriggio del giorno precedente.
il motivo è la neve sull’ascesa finale (forse addirittura sulle altre ascese previste, questo non si è capito), scelta corroborata dall’organizzazione con la diffusione di una foto confusa in cui si scorge una strada parzialmente coperta dalla neve tra nebbia e prati imbiancati. la stessa RCS dice che le previsioni sono pessime per il giorno successivo, e qui la cosa inizia a scricchiolare.
1) da che mondo è mondo se il problema è il maltempo prima vai a dormire, e poi la mattina prima della corsa annunci il da farsi. tante volte si è fatto persino nel corso della gara (come alla concomitante Paris-Nice; ah già, ma la Paris-Nice è una corsa ASO, e siamo in guerra);
2) tutte le previsioni meteo più accreditate (di cui una gara di questo livello dovrebbe avvalersi con cura) prevedono invece temperature in rialzo e scongiurano il rischio neve sotto i 1400 m. le foto catastrofiche ritraggono un’area in cui ha nevicato parecchio la settimana scorsa;
3) una corsa importante come la Tirreno non può pensare di non avere un piano B per una tappa sopra i 1000m a marzo, specie se è la tappa decisiva come in questo caso. eventualmente anzi sarebbe tenuta ad avere anche un piano C, ovvero una tappa anche radicalmente differente (ad esempio corsa nel fondovalle con solo un arrivo a metà salita, la geografia di queste zone peraltro aiuta tantissimo, non siamo sulle dolomiti) ma che non comporti uno stop assoluto per i corridori, con conseguenze immaginabili su sponsor, enti locali, spettatori, tv, ecc… Vegni sostiene che ci fosse un piano B ma era impraticabile perchè le zone erano ugualmente a rischio, si riparte da capo ma peggio.
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[Richmond2015] The wolf of Governor street

sabo

Peter Sagan è il nuovo campione del mondo, e vince con così tanto splendore addosso che non c’è proprio nulla di più da dire, c’è solo da gioire.

Già, il finale di Richmond mi ha lasciato estasiato, come pochissime volte in vita mia. Un’estasi arriva grazie a un corridore di cui ho sempre riconosciuto il talento in bicicletta me che non ho mai sopportato da un punto di vista umano. usando un’iperbole, direi che ho sempre ritenuto Sagan una gran testa di cazzo. Certo, non si poteva non apprezzarlo in alcune occasioni, e l’ultimo Tour de France ne è l’esempio più chiaro, ma non erano sufficientemente forti per togliere quel retrogusto. Non forti come ieri, quando il finale ha avuto un retrogusto di ecstasy.

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